martedì 17 agosto 2010

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Muʿammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī - arabo: معمر القذافي‎, Muʿammar al-Qadhdhāfī
propaganda religiosa
Gheddafi a Roma 29/08/10  la battaglia di tripoli e gli affari
Ecco perchè inglesi e francesi ci criticano per la visita del Rais. Berlusconi ha soffiato l'affare alle potenze straniere che ora tifano per Fini.














Il nemico d'oro





Gheddafi è partito da Roma, per l'Italia è un successo diplomatico. Ma le polemiche non si placano e spuntano malumori tra i cattolici. Duro editoriale di Avvenire: "Messa in scena incresciosa con momenti urtanti".leggi

L’Italia, il dittatore di Libia e gli affari

  Uno dei dittatori più discussi del pianeta viene in visita in Italia, accolto dall'attualegoverno con tutti gli onori, per stringere accordi in cambio di un controllo sulle acque territoriali che impedisca l'arrivo dei barconi di clandestini dall'Africa all'Italia. Molti industriali italiani, stanno già facendo affari con il suo paese, altri ancora sono già pronti a sbarcar in Libia con commesse di lavoro milionarie per la nuova autostrada di 1700 km, con un costo preventivato di 5 miliardi di euro. Per non parlare dell'«affaire» televisivo tra Gheddafi e le emittenti televisive e le società di produzione cinematografiche della famiglia Berlusconi, che avrebbe definitivamente cementato i rapporti di amicizia tra i leader dei due paesi. E fin qui, nel calderone di conflitti di interessi vari e accordi in bilico tra legalità e opportunismo tra due personaggi che non si possono certo definire campioni di etica e moralità, gli italiani sono ormai avvezzi a ingoiare di tutto, ma oltre a questo ora il dittatore, ospitato con il suo staff in pompa magna all'ambasciata libica Roma con tanto di harem al seguito, si permette anche di impartire lezioni sul Corano a fanciulle reclutate da una agenzia dietro corresponsione di un gettone di presenza. E va anche oltre dichiarando che l'Europa deve abbracciare l'Islam. Di fronte a questo squallido scenario qualcuno si chiederà se sarebbe stata concepibile una simile scenografia per una visita di stato non di Putin ma di un leader dell'Europa occidentale. Chi, ad esempio, avrebbe visto Blair o vedrebbe Zapatero accolto da una coreografia composta da centinaia di giovani ragazze? Allora io mi chiedo, se l'alleato più fedele di Berlusconi, la Lega che ha fatto dei Crocifissi nelle scuole e negli uffici pubblici la propria bandiera di lotta ideologica (e demagogica), possa accettare tutto questo. Dove sono l'Udc, le organizzazioni cattoliche, il Parlamento? L'opposizione tuonerà certamente e ci mancherebbe altro, ma la Lega? E i finiani? E in Trentino? Dove la Lega ha i suoi rappresentanti e per giunta non poco agguerriti che rivendicano le radici cristiane e che volevano esporre il Crocifisso nell'aula Consiliare? Qualcuno dovrà pur dire qualcosa! Quale sarà il prezzo di questo inusitato silenzio? Bruno Firmani 
   Nella sua quarta visita in Italia in un anno e mezzo, il dittatore di Tripoli, noto finanziatore negli anni del terrorismo, fomentatore di scontri etnici e religiosi, conosciuto in tutto il mondo per le ripetute violazioni dei diritti umani a cui sottopone i suoi sudditi in particolare le donne, annuncia la prossima islamizzazione dell'Europa. E non è che l'ultima delle sparate insultanti verso gli italiani del capriccioso beduino, accolto dal presidente del consiglio italiano in pompa magna e dal governo tutto in ginocchio come di fronte al Messia, il Salvatore, l'Oracolo di Delfi a cui prostrarsi e di fronte al quale esibirsi in piroette al suo semplice comando. Ieri il presidente del consiglio dell'Italia, Paese ospitante, è stato ricevuto in una tenda, secondo gli ordini di Tripoli. E ancora una volta il bulletto d'oltremare ha preteso centinaia di hostess italiane (ovviamente pagate per lo show) a cui annunciare l'irresistibile verbo dell'Islam. E poi sfilate di ministri, in testa il premier, tra cavalieri berberi, tende beduine, offese all'Italia e proclami di superiorità libica sugli odiati italiani e gli occidentali tutti. Questa vergogna nazionale è giustificata da Silvio Berlusconi in nome dei soldi, dei guadagni che le aziende (innanzitutto quelle del premier) intascheranno dalle commesse libiche. Soldi che verranno dalla armi italiane che il dittatore sta comprando in questi giorni di shopping a Roma, dagli aerei militari dell'Agusta che dovranno sostituire i vecchi Mig libici, dalle non ben chiare commesse a Finmeccanica che saranno decise in un vertice con il nostro ministro della Difesa, eccetera, eccetera. Sicuramente gli interessi del proprio Paese, anche quelli economici e imprenditoriali, vanno tenuti presenti nelle relazioni diplomatiche e politiche internazionali. Ma qual è la credibilità nel mondo di un Paese che si umilia e ricopre di ridicolo se stesso e le proprie istituzioni pur di stilare una manciata di contratti d'affari, buona parte dei quali insanguinati? Qual è il rispetto che può avere un Paese che permette ad un dittatore di venire quattro volte in venti mesi sul proprio suolo nazionale, e fare il bello e il cattivo tempo, fare strame delle istituzioni, ricoprire d'insulti gli italiani, trasformare in un circo (più di quanto lo è già di suo) Palazzo Chigi e il governo nazionale? E ancora: che politica estera ha un Paese che si affida a rapporti d'affari tra il presidente del consiglio e dittatori o dittatorelli vari in giro per il mondo, spesso con colloqui tenuti esclusi dai protocolli istituzionali, di cui nessuno (tranne gli interessati) conosce bene i contenuti? Perché tutti questi incontri «privati» tra Silvio Berlusconi e Putin, tra Berlusconi e Gheddafi, tra Berlusconi e Ugo Chavez? Silvio Berlusconi è il Presidente del Consiglio della Repubblica italiana, o soltanto uno spregiudicato personaggio che fa affari, i suoi affari, con dittatori di ogni risma, nel totale dispregio del ruolo che ricopre e dell'istituzione che rappresenta? Sorvoliamo poi sulle stupidaggini vomitate dalla mummia imbalsamata di Tripoli in fatto di Islam e di altre religioni, a cominciare da quella maggioritaria nel Paese che lo ospita. Le offese profonde ai sentimenti cristiani di molti italiani, lasciate impunemente passare in nome del dio soldo da parte di Silvio Berlusconi, la dicono lunga sull'autenticità dei proclami cristiani di cui si riempiono la bocca continuamente il presidente del consiglio e i suoi alleati. Anche la millantata difesa delle radici cristiane del governo Berlusconi si dimostra per quello che è, solo fumo negli occhi degli sprovveduti, per nascondere uno spaventoso vuoto di valori, a cominciare da quelli cristiani. Che la Chiesa non si accorga di tale presa in giro ha del clamoroso, e fa riflettere su quanto le gerarchie ecclesiastiche, o almeno quelle più prone, abbiamo a cuore il Vangelo più dell'8 per mille. p.giovanetti@ladige.it


31/08/2010 


Gheddafi show
Noi donne offese dal beduino libico LUCIA BELLASPIGA
Non basta un foulard in testa per restituirci la dignità. Non basta, se veniamo esibite a centinaia, insieme ai cavalli (un tempo eravamo scambiate coi cammelli, ma poco cambia), naturalmente scelte in agenzia, tutte belle, tutte perfette, dal garretto alla dentatura (proprio come gli equini). A Roma i giorni scorsi è sbarcato il circo, con tanto di tendone portato dal nomade Gheddafi, che di suo ci ha messo anche i quadrupedi di razza, mentre le ragazzotte le ha prese a noleggio nelle nostre scuderie, prodotto italiano, slow food raffinato, carne giovane e tenera di femmina nostrana. Un harem all'antica, come ai tempi dei sultani delle fiabe, che arrivavano dal favoloso Oriente con donne velate e forzieri colmi di gioielli. Soltanto che qui il forziere è giunto vuoto: «Riempitelo, o l'Europa sarà africana». Minaccia, il nomade tensostrutturato, ormai parecchio sciupato e coi ricci dipinti di un nero che stinge ; ma ancora nostalgico dei tempi in cui cannoneggiava Lampedusa per far tremare l'Italia. Eppure un suo misterioso fascino deve pure conservarlo se, manco a dirlo, alcune delle duecento scritturate per l'ultima adunata si sono già convertite all'islam, le più belle e le più bionde: resteranno - dicono - al fianco del ricco colonnello e del Profeta di Allah (tanto di cappello al predicatore, gli è bastata un'occhiata e un Corano in regalo per fulminarle sulla via di Tripoli prima ancora che lo leggessero), le altre 197 ci penseranno... Intanto il raìs è partito e loro rientrano docili nelle stalle dell'agenzia per hostess/modelle/accompagnatrici: via il velo e pronto il bikini, dipende da chi sarà il prossimo a richiederne i servigi. O il prossimo in visita di Stato. «Noi vi trattiamo meglio e vi rispettiamo di più di quanto non facciano in casa vostra», ha spiegato loro Gheddafi (che per garantirsi quella platea di attente scolarette le ha semplicemente pagate, contento lui) e, visto che glielo abbiamo concesso senza battere ciglio, non ha tutti i torti: ve lo vedete voi un qualsiasi Paese islamico concedere duecento delle sue floride ragazze in costumi occidentali (minigonna? tailleur?) a un leader straniero armato di Vangelo e in vena di conversioni? Ma la colpa è nostra. «Ho imparato tante cose», squittiva alla tivù una di loro, «prima avevo troppi preconcetti», ammetteva contrita, senza chiedersi come mai quel branco da ammaestrare fosse formato, curiosamente, di sole donne. «Gesù morto in croce? Ma non scherziamo», ha insegnato loro il colonnello, e le giovani italiane sono uscite dall'incontro con un nuovo pendaglio d'oro al collo, diverso dalla croce che più d'una aveva all'entrata. D'altra parte a un «sultano» seppure beduino non si dice di no, non sarà un calciatore ma un pizzico di notorietà ci può sempre scappare: qualcuna avrà sognato un futuro brillante, qualcun'altra un brillante e basta, e in fondo qualcosa ha ricavato (se non altro i settanta euro d'ingaggio). Ma tutti noi italiani, e tutte noi, ci abbiamo perso. La dignità. Non chiediamo che alla prossima visita della Merkel si espongano centinaia di machissimi maschi nostrani (più che una par condicio sarebbe una pari sconcezza, e a noi donne queste cose non piacciono). Sarebbe bello, però, sentire l'indignazione di un ministro per le Pari Opportunità. Che in Italia è sempre una donna, chissà poi perché.
Lucia Bellaspiga
Giornalista e scrittrice, è inviato speciale di «Av
venire» e autrice di libri tra cui «Il seme di Nasiriyah
» sulla strage dei militari italiani in Iraq
e «Dio che non esisti, io ti prego» che parla dello
scrittore Dino Buzzati

02/09/2010

Compensi rai

Dopo le polemiche sul nuovo contratto di Antonella (1,8 milioni) tutte le cifre che viale Mazzini sborsa per accaparrarsi le star tv. I consiglieri Verro e Rizzo Nervo: 2In questa grave crisi i compensi vanno tagliati"

Ecco, per quanto abbiamo potuto sapere, quanto guadagneranno le principali star della Tv di Stato nella stagione televisiva (da settembre a giugno) che sta per cominciare. Si tratta, ovviamente, di cifre arrotondate, visto che, nonostante il canone sia pagato dal cittadino, i cachet non vengono ancora resi pubblici. Ricordando che il Cda Rai ha appena approvato un piano industriale che prevede una riduzione delle spese, i compensi dei divi restano alti anche per questioni di mercato: nomi altisonanti attraggono spettatori e pubblicità. Inoltre si deve distinguere da caso a caso, visto che alcuni personaggi fanno guadagnare molto di più di quanto vengano compensati. Vediamo i nomi più in vista: il contratto di Simona Ventura (L’isola dei famosi e Quelli che il calcio) si aggira sul milione e duecentomila euro, cifra che, come quella della Clerici, è destinata ad alzarsi notevolmente per i compensi derivanti dalle telepromozioni: per la Simo si arriva a 1,7 milioni. Il compenso di Fabio Fazio, è noto, si aggira sui due milioni, tra i più alti corrisposti da viale Mazzini. Serena Dandini arriva a settecentomila, Pippo Baudo a novecento, Michele Santoro a settecento e Giovanni Floris a cinquecento. Poi ci sono le star ritrovate, dopo anni lontano da viale Mazzini: sono Mara Venier, Lorella Cuccarini e Paola Perego che da settembre vedremo su Raiuno rispettivamente alla guida di La vita in diretta, Domenica In e Festa italiana che sarà ribattezzata A casa di Paola. I cachet per tutte e tre si aggira tra le seicento e i settecentomila euro. Insomma, una montagna di soldi per un impiegato o un operaio, ma per le tre presentatrici somme concorrenziali rispetto al mercato televisivo. Molto di meno prendono le giovani dive di casa Rai: dai 300 mila di Caterina Balivo che da settembre emigra su Raidue, ai 200 mila circa di Eleonora Daniele, Veronica Maya ed Elisa Isoardi. Alcuni di questi contratti sono stati appena rinnovati, altri lo saranno a fine stagione. «Ma bisogna capire - chiosa il consigliere Verro - che la linea la deve dettare l’azienda e che sono finiti gli anni della sudditanza psicologica alle star. La Rai senza gli artisti non può far molto, ma lo stesso si può dire degli artisti senza la rai. 27/08/0 fonte: il giornale.it



















“Adolf Hitler

aveva origini ebraiche
e africane”

Uno studioso belga ha analizzato il Dna di 39 parenti del dittatore tedesco, svelando così le sue vere radici






L’analisi del Dna di Adolf Hitler, ottenuto da campioni di saliva di 39 parenti del dittatore nazista, dimostrano che aveva origini ebraiche e nordafricane. In particolare è stato trovato un cromosoma, l’ “Aplogruppo Eib1b1”, raro tra gli occidentali ma comune nei berberi in Marocco, Algeria e Turnisia, così come tra gli ebrei ashkenaziti e serfarditi. È quanto scrive il Daily Telegraph citando la ricerca di un giornalista e di uno storico belgi, Jean-Paul Mulders e Marc Vermeeren. L’ “Aplogruppo Eib1b1” è legato al 10-20% del cromosoma Y degli ashkenaziti e tra l’,8,6 e il 30% dei sefarditi. In passato era emerso che il padre di Hitler, Alois, fosse il figlio illegittimo di una cameriera di nome maria Schickelgruber e di un 19enne ebreo, noto come Frankenberger.


Perché Bossi è prigioniero di Berlusconi...


LO STUDIO






California, allarme scienziati
"Il Big One è più vicino" leggi


Morto Tiberio Murgia leggi


cattolici di serie A e cattolici di serie B leggi






IL CASO scrivere per la mondadori

Mondadori salvata dal Fisco
scandalo "ad aziendam" per il Cavaliere leggi

«Vendo rene», polizia blocca impiegato
Sul web un esercito di donatori disperati leggi


É morto Cossiga leggi

di Paolo Biondi 17/08/10 ore 13.18  una bizzaria pericolosa      esternazioni...

  Resterà famoso come il "picconatore". L'appellativo gli fu appioppato, e da lui orgogliosamente rilanciato e rivendicato, nella fase finale del suo mandato presidenziale quando iniziò a menare fendenti a destra e a manca, senza risparmiare nessuno ed alcun tema, con foga dissacrante e veemenza politica.
Francesco Cossiga (nato a Sassari il 26 luglio del 1928) è stato un unicum nel panorama politico italiano: non solo per essere stato il più giovane presidente della Repubblica (dal 1985, a 56 anni, dopo essere stato il più giovane presidente del Senato dal 1983), ma per la quantità di scosse date ad un ambiente sensibile alle dichiarazioni e rivelazioni.
Il suo nome resterà indelebilmente legato ai terribili 55 giorni del rapimento di Aldo Moro nella primavera del 1978 ad opera delle Brigate Rosse, conclusisi con l'assassinio dell'uomo politico democristiano. In quei giorni Cossiga era ministro dell'Interno e presiedette il comitato di crisi da lui stesso istituito presso il ministero e tutto composto (come si scoprì in seguito) da affiliati alla loggia massonica P2.
Uomo dei misteri e disvelatore degli stessi (fu il primo a parlare di Gladio, organizzazione paramilitare filoamericana istituita in Italia semiufficialmente in funzione anticomunista), dalla fase terminale del suo mandato presidenziale in poi ha giocato il ruolo di destabilizzatore di equilibri politici e di anticonformista.
Ha vissuto gli ultimi decenni della vita politica italiana in simbiosi con un altro leader democristiano di lunga carriera, Giulio Andreotti, rispetto al quale si è spesso trovato su fronti opposti.
Orgogliosamente legato alla sua Sardegna, era cugino dei Berlinguer, famiglia il cui esponente politico più noto, Enrico, fu segretario del Pci.
Da un punto di vista internazionale, Cossiga è stato un grande amico della Gran Bretagna, dell'Irlanda e dei Paesi Baschi ed è stato un fiero oppositore di tutti i nemici dei suoi "amici". E' stato uno studioso di Rosmini e Tommaso Moro.
Come ministro dell'Interno, oltre che per il caso Moro (alla cui conclusione si dimise dall'incarico), fu famoso per la repressione delle lotte studentesche nella seconda parte degli anni 70 e della riforma dei servizi segreti. Fu accusato della "responsabilità morale" della morte della studentessa Giorgiana Masi ad opera della Polizia nel corso di scontri ad una manifestazione nei pressi di Trastevere a Roma nel 1977; erano i tempi in cui graffitari politici scrivevano il nome del ministro con la K ed il simbolo delle Ss naziste.
E' sempre stato un grande esperto ed appassionato dei temi correlati alla intelligence ed alle tecnologie di trasmissione dati via etere, collezionando le trasmittenti più sofisticate ed ogni tipo di telefono cellulare, oltre che radioamatore. In una incredibile intervista dell'ottobre 2008, bissata da uno stupefacente intervento parlamentare, confermò di avere infiltrato il movimento studentesco degli anni 70 con agenti provocatori per cercare poi sostegno popolare alla repressione poliziesca.
Del resto l'uomo ha sempre amato gesti eclatanti, clamorosi e anticonformisti come la scelta di dimettersi dal mandato presidenziale due mesi prima della scadenza (onde evitare un "ingorgo istituzionale" con le elezioni politiche). Da allora in poi la sua attività politica ha assunto le più svariate tendenze: nel 1998 permise la nascita del governo D'Alema (il primo governo in Italia presieduto da un esponente dell'ex Partito comunista) dando vita ad una nuova formazione politica (l'Udr) che diede a questo governo in Parlamento la maggioranza necessaria; negli anni successivi sostenne invece contestate iniziative del governo Berlusconi con espliciti interventi.
E' stato probabilmente il simbolo della difficile transizione italiana dagli anni dei governi democristiani a quelli del bipolarismo.

Berlusconi si associa con Gheddafi e compra il 25% di una televisione tunisina  leggi

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