tutti uguali?














BOLOGNA, 23 maggio - Informazione di garanzia notificata al bomber del Bologna Marco Di Vaio: nella vicenda delle targhe dei giocatori rossoblù legate alle targhe handicap, per oltre 40 multe annullate, è stato ipotizzato a suo carico il falso ideologico in atto pubblico commesso da un privato, reiterato più volte (cioè il numero delle contravvenzioni annullate), e la truffa continuata ai danni del comune. Analogo provvedimento è stato inviato dal Procuratore aggiunto Valter Giovannini a Marilena Molinari, la disabile titolare del permesso handicap a cui sono associate le targhe dei giocatori. Le multe sarebbero più o meno 45, sono state prese da Di Vaio tra ottobre e dicembre per accessi nella 'Ztl', soprattutto nelle cosiddetta 'T', la zona a ridosso delle Due Torri dove l'ingresso alle vetture è limitatissimo.

L'AMMISSIONE - In quel periodo Di Vaio non aveva ancora rinnovato la residenza temporanea nel centro di Bologna e aveva cambiato auto da poco (ha una Porsche). Per farsi togliere le multe - secondo l'accusa - avrebbe, insieme alla Molinari, attestato il falso ad un pubblico ufficiale. Avrebbe firmato insieme alla disabile una dichiarazione per ogni multa in cui si sosteneva che aveva accompagnato la Molinari in giro per commissioni. La dicitura era 'Giro in città. Le dichiarazioni avevano portato nel gennaio scorso all'annullamento delle multe. Una volta scoppiata la vicenda dei pass disabili, però, Di Vaio, sentito lo scorso 20 aprile dal Procuratore aggiunto Giovannini, aveva ammesso di non aver mai accompagnato per commissioni la disabile al cui documento sono associate le targhe. La stessa Molinari aveva poi riferito nella sua audizione davanti all'aggiunto del 29 aprile di non essere mai stata accompagnata dal giocatore a cui, ammise, aveva poi contribuito a far annullare le multe. Gli avvisi di garanzia sono stati notificati dalla polizia giudiziaria della polizia municipale del Comandante Di Palma. Quando dopo la metà di Aprile scoppiò il caso dei pass, Di Vaio aveva ricevuto da poco il Nettuno d'Oro, riconoscimento che viene attribuito dal Comune agli uomini simbolo della città di Bologna. Lo aveva restituito in Comune il giorno dopo l'interrogatorio in Procura.

NON SOLO DI VAIO -
 In tutto i rossoblù con la targa associata ai permessi disabili sono otto, tra cui il portiere della nazionale Viviano. Oltre al permesso della Molinari alcune targhe sono risultate associate ad altri permessi: a quello dovuto ai postumi di un incidente della madre della disabile, a quello di una anziana conoscente di Marilena Molinari, a quelli di un 96enne e di un 90enne. Nelle targhe dei giocatori gli investigatori si erano imbattuti facendo lo screening di tutti i permessi handicap, nel corso di un'inchiesta nata dopo che una giovane, a bordo di una Smart che esponeva il permesso handicap, venne fermata e non fu in grado di giustificare il contrassegno. In quel filone d'inchiesta ci sono quattro indagati, e per tre di loro è ipotizzata la corruzione.



renato zero

Nicola Di Girolamo
è agli arresti domiciliari. Dopo sei mesi e mezzo di carcere, l'ex senatore del Pdl travolto dall'inchiesta sul riciclaggio in cui sono stati indagati anche Silvio Scaglia di Fastweb e Gennaro Mokbel (per fare solo i nomi più noti) ha lasciato il carcere di Rebibbia, dove era detenuto dal 3 marzo scorso.
Di Girolamo era stato raggiunto da una ordinanza di custodia cautelare per i reati di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di ingenti somme di denaro effettuato a livello internazionale e, con riferimento alla sua elezione a senatore con il voto degli italiani all’estero, per violazione della legge elettorale e per scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso.
Nei suoi confronti, la procura di Roma aveva sollecitato e ottenuto il giudizio immediato, ma Di Girolamo, attraverso i propri legali, si è impegnato a concordare con i magistrati un patteggiamento a cinque anni di reclusione e a restituire 4 milioni e 700mila euro, ritenuto da chi indaga il provento di attività illecite.
Da quando è finito in manette, l'ex senatore si è sottoposto a numerosi interrogatori, risultando alla fine uno dei pochissimi indagati ad aver collaborato all’inchiesta. Ai magistrati della procura, oltre ad aver svelato il meccanismo della frode fiscale messa in atto da alcuni ex dirigenti di Fastweb e Telecom Italia Sparkle, con la regia dell’imprenditore napoletano Gennaro Mokbel e di alcuni suoi stretti collaboratori (come Carlo Focarelli e Marco Toseroni), Di Girolamo ha anche parlato dell’affare Digint, società che faceva parte del gruppo Finmeccanica e che (sospettano gli inquirenti) serviva per creare fondi neri all’estero. 
17/09/2010

L'Arzignano Grifo dopo il successo nella Coppa Italia 2009VICENZA (15 settembre) - Il pubblico ministero di Vicenza Marco Peraro ha chiuso le indagini sulle presunte sponsorizzazioni gonfiate all'Arzignano calcio a 5 e ha depositato gli atti nei confronti di Andrea Ghiotto, Stefano Parise e Gabriele Signorin continua


 





s.lucia: il documento











Nelle dichiarazioni dei redditi,del 2005, dei componenti della famiglia guadagni irrisori se paragonati al patrimonio attuale: circa 34mila euro Elisabetta, 25mila il padre Sergio, addirittura zero euro la madre Francesca Frau. Giancarlo non compare negli elenchi. E quell'anno Gaucci fuggì all'estero ...leggi













IN SEGUITO ALL'IMBARAZZANTE COMPRAVENDITA DELLE CASE DI ARCORE E DI MONTECARLO, CHIEDIAMO CHE IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ED IL PRESIDENTE DELLA CAMERA RASSEGINO IMMEDIATAMENTE LE DIMISSIONI DALLE CARICHE CHE RICOPRONO.


INDIRIZZATE A: viafini@ilgiornale.it      audio testimone

la storia 1   la storia 2































































































Qui si accasa l’asino, cronache tristanzuole da Montecarlo

L'editoriale dal Foglio del lunedì

Il fatto che nel giro del presidente della Camera e della sua nuova famiglia sia spuntato in circostanze moralmente dubbie l’appartamentino monegasco per un cognato è rilevante, non sorprendente viste le abitudini italiane in fatto di proprietà immobiliari e affitti (qui si accasa l’asino, si direbbe); ma è anche un fatto ridicolo, perfino grottesco, e una punta triste. La notizia è ben trovata, la campagna ha sfondato, forse Fini si dovrà dimettere, l’anatra comunque zoppica.

Roma, 8 agosto 2010 - "In quasi trenta anni di impegnoparlamentare non ho mai avuto problemi di sorta con la giustizia e non ho assolutamente niente da nascondere né tantomeno da temere per la vicenda monegasca. Pertanto, chi spera che in futuro io sia costretto a desistere dal porre il tema della trasparenza e della legalità nella politica è meglio che si rassegni....". Così, in una nota, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, interviene direttamente sulla vicenda della casa di Montecarlo....continua
fonte casa a Montecarlo fonte il contratto


Se Scajola si è dimesso per la casa fronte Colosseo, Fini deve fare altrettanto per quella di Montecarlo finita nelle mani di suo cognato. Ma non solo. Sull'ex di Alleanza nazionale pesa anche la fine di un'amicizia. E ancor di più la fine di una carriera, quella con il capo delle relazioni esterne Rai Guido Paglia.
Nell'autunno 2008 il presidente della Camera mandò il cognato Giancarlo Tulliani, interessato a fare affari in viale Mazzini, dall'amico giornalista. Il giovane sperava di diventare uno dei primi attori nel trading dei diritti cinematografici per la tv e poi di fare il produttore. Paglia tentò di dissuadere Tulliani, ma alla fine, dopo qualche altro incontro, il socio di Tulliani, Federico Passa, riuscì a vendere a Rai Cinema tre titoli minori. Il costo però non era alto e, dopo pochi giorni, il 18 novembre del 2008, il telefono di Paglia squilla. E' Fini. I tre si incontrano. Il cognato ha bisogno di un minimo garantito sulla fiction, l'intrattenimento e i diritti cinema all'estero. Interviene anche Tulliani e dopo qualche battuta la discussione degenera. Paglia esce dalla stanza. Tulliani riuscirà comunque ad ottenere qualche lavoro in Rai. Mentre la corsa di Paglia alla vicedirezione generale dell'azienda si interromperà. Fine di una carriera e fine di un'amicizia.
Il giallo di Montecarlo - Intanto vanno avanti le indagini sul "Montecarlo gate". Dopo l'apertura di un fascicolo di inchiesta per truffa aggravata a carico di ignoti (un atto dovuto, spiegano dalla procura di Roma, in quanto è stata presentata una denuncia da due consiglieri della Destra di Storace), ora la Guardia di Finanza è stata incaricata di acquisire le carte sulla vendita dell'immobile.
Il protagonista dello scandalo, per il momento, non sarà sentito, neppure come persona informata sui fatti. Ieri, sull'onda della notizia dell'apertura delle indagini, ha solo commentato "ben vengano le indagini su tutto ciò che concerne il patrimonio di An". E il coro dimettiti, dimettiti si fa sempre più forte, martellante e soprattutto bipartisan. Forse scontato che Berlusconi, Maroni e Bossi chiedano il "grande gesto". Un po' meno che lo faccia Di Pietro. Gli unici a difenderlo sono Casini e D'Alema, che - non senza una nota di ironia - parlano entrambi, anche se da schieramenti molto lontani, di "squadrismo intimidatorio".
Il finiano Raisi tira in mezzo La Russa - Enzo Raisi, finiano e membro del Comitato dei garanti di An, aggiunge un nuovo tassello al Montecarlo Gate in un'intervista ad Affari italiani. E tira in mezzo Ignazio La Russa, coordinatore nazionale del Pdl, fedelissimo di Silvio e nemico giurato dell'ex camerata Fini. "L'appartamento in questione, che è stata venduto soltanto perché non ha senso che un partito abbia un appartamento a Montecarlo, è iscritto al bilancio 2008 del partito di An. E pochi hanno calcolato che Fini non era già più presidente ma c'era un comitato costituito da tutti i cosiddetti colonnelli con Ignazio La Russa nel ruolo di primus inter pares. Perciò dire io non sapevo, io non ero a conoscenza mi sembra un po' balzana come cosa", dichirara Raisi. Il finiano entra nei dettagli: "C'è stato un bilancio pubblico votato dall’assemblea del partito e quello che era l’amministratore delegato non ne sa nulla? Lo dico anche da ex semplice iscritto di An. Sembra una barzelletta, nessuno sapeva niente". Perché? "Mah... posso dire che addirittura ci sono persone del partito che sono andate a vedere l’appartamento per capire se c'era la possibilità di comprarlo. E sono andati via con la coda in mezzo alle gambe in quanto era una casa poco commerciabile e nessuno la voleva, anche perché era da anni disabitata. Credo che sia costata di più la ristrutturazione che il valore stesso dell’appartamento. E' l'ennesima bufala".
L'eredità - Nel 1999 la contessa Anna Maria Colleoni, grande sostenitrice di Fini (pare che partecipasse a ogni comizio con la famiglia e in dono gli portasse canestri colmi di albicocche raccolte dai suoi alberi da frutta), lascia tutti i suoi beni in eredità ad An per proseguire "la buona battaglia". Tra i beni compare anche un appartamento a Montecarlo in Boulevard Princesse Charlotte, 14. L'appartamento è tra i 50 e i 70 metri quadri, compreso il terrazzo, ed è composto da due camere da letto, bagno, cucina e salotto.
Società offshore - Nel 2008 l'appartamento viene venduto per 300mila euro da An a una società offshore, la Printemps, A sua volta, Printemps rivende l'alloggio per 330 mila euro alla Timara, altra società offshore. Nel 2009 la Timara comincia i lavori di ristrutturazione (chi "difende" il prezzo basso di vendita sostiene che l'appartamento fosse in condizioni disastrose) e stipula un contratto di affitto con Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, attuale compagna del presidente della Camera Gianfranco Fini. A tutt'oggi non si sa a quanto ammonti il canone di affitto.
06/08/2010


LA VERA STORIA DELLA VILLA DI ARCORE

di Davide Villa
Massimo Minorenti ha 25 anni quando viene ammazzato a colpi diBrowning 20, in un elegante appartamento in via Puccini, ai Parioli. Ucciso mentre faceva all’amore con Anna Fallarino, bella quarantunenne, piacente e licenziosa. Anna era la moglie delMarchese Camillo Casati Stampa di Soncino. Fu lui l’autore del duplice omicidio, e si tolse la vita immediatamente dopo. Le indagini non furono complesse: delitto passionale. Ma i risvolti furono del tutto particolari. Emersero centinaia di foto osè della bella moglie del Marchese. E un diario. Sul quale Camillo Casati Stampa annotava dettagliatamente luoghi, descrizioni e partecipanti di incontri sessuali con la sua donna, cui lui assisteva accondiscendente, silenzioso evoyeurista.
“…siamo stati sul litorale di Fiumicino, in molti la guardavano. Abbiamo scelto un giovane. E’ stato appagante. Lo abbiamo ricompensato con trentamila lire…”


Anna Fallarino
Anna Fallarino
Ma l’uomo non riuscì ad accettare l’idea che la sua donna si fosse innamorata di un compagno di giochi. Scoprì il tradimento “platonico” più che della carne. Lì pedinò. E quando li sorprese li uccise entrambi, senza farli neppure rivestire, con almeno 5 colpi di fucile. Era la notte del 30 agosto 1970. La stampa rosa impazzì. E con essa centinaia di migliaia di italiani che intendevano conoscere ogni minimo, pur turpe, particolare.
Stabilito attraverso la medicina legale, nonostante fosse evidente, che a morire per ultimo fu proprio il Marchese, l’immensa eredità della famiglia Casati Stampa passò alla figlia di primo letto del Marchese,Anna Maria Casati Stampa, allora diciottenne, figlia di Letizia Izzo. La ragazza, che per la legge italiana di allora era ancora minorenne, viene affidata ad un tutore nella persona dell’avvocato Giorgio Bergamasco, senatore e membro della direzione nazionale del Partito Liberale Italiano. Pro-tutore fu nominato Cesare Previti, 35 anni, avvocato, militante dell’M.S.I. Due anni più tardi Giorgio Bergamasco fu nominato ministro dei Rapporti con il Parlamento nel primo governo Andreotti, e Cesare Previti divenne ad un tempo tutore e avvocato della giovane orfana che, ormai ventenne, si era sposata nel frattempo con il  Conte Pierdonato Donà dalle Rose, e si era trasferita a Brasilia. Più tardi la ragazza si sarebbe svincolata anche dalla tutela giuridica, pur mantenendo Previti come suo avvocato.
Il bene forse di maggior valore dell’eredità del Marchese Casati Stampa, era Villa San Martino. Una residenza in Brianza di 3500 mq, con una pinacoteca che ospitava opere del Quattrocento eCinquecento e una biblioteca con circa 10.000 volumi antichi. Un parco immenso e maestoso, scuderie e piscine completavano il quadro di una tenuta storica che aveva ospitato più volte, tra gli altri, anche Benedetto Croce. Inestimabili i valori contenuti nella Villa, di per sè di valore inestimabile.


La Villa di Arcore
La Villa di Arcore
Nel 1973, pressata da esigenze economiche, Anna Maria cede alle insistenze dell’avvocato Cesare Previti, e decide di mettere in vendita la villa, dando la specifica disposizione di non vendere, assime alla tenuta, anche le opere d’arte e i volumi della biblioteca. Il rampanteSilvio Berlusconi, allora niente più che un giovane imprenditore milanese, si fece avanti, offrendo l’irrisoria cifra di 500 milioni di Lire (nel 1973), dilazionati, in forma di titoli azionari di una società neppure quotata in borsa,  la Edilnord s.a.s. La transazione andò a buon fine, anche grazie alle pressioni di Previti. Berlusconi ottenne una residenza il cui valore era stato stimato, in sede notarile durante le procedure per l’eredità, in un miliardo e settecento milioni di Lire(nel 1970). Tra l’altro i titoli azionari sarebbero stati monetizzati dalla Contessa solo qualche anno più tardi, al 50% del loro valore, dallo stesso Berlusconi, che quindi sborsò, per la fantastica residenza di Villa San Martino, 250 milioni di lire. Contestualmente furono cedute, nella stessa transazione, e quindi alla medesima cifra, tutte le opere d’arte e i libri della Villa, contrariamente a quanto esplicitamente richiesto da Anna Maria. Nel ruolo di bibliotecario Berlusconi assume  Marcello dell’Utri, e come scudiere Vittorio Mangano, criminale italiano pluriomicida legato aCosa Nostra.
La residenza di Arcore viene giudicata, agli inizi degli anni ’80, garanzia sufficiente alle banche per elargire un prestito di7.300.000.000 di Lire. Denaro con il quale Berlusconi avrebbe ultimato la costruzione di Milano 2 e Milano 3 e avrebbe intrapreso la sua scalata imprenditoriale sia al gruppo Mondadori. Senza dimenticare che i primi anni ’80 sono quelli durante i quali Canale 5inizia a trasmette a livello nazionale (contravvenendo a quanto prescritto dalle leggi dell’epoca, secondo le quali le televisioni private non potevano trasmettere a livello nazionale), mentre Italia 1 e Rete 4 vengono rilevate e inserite nel gruppo Fininvest, che si allarga a macchia d’olio, fondando televisioni private in Francia, Germania, Spagna. Ma questa è un’altra storia.
Grazie a: WikipediaMilanoggiHit Parade ItaliaHudginsauctions,Pagine 70
Bibliografia: Giovanni Ruggeri – Berlusconi. Gli affari del Presidente. Kaos 
edizioni, 1994.

Gaucci for President



In questa crisi, così complessa, in apparenza inestricabile, c'è un raggio di luce. Un Obama bianco che può cambiare le sorti del Paese e salvare la democrazia. Le sue doti umane e imprenditoriali, il suo sorriso contagioso e la sua generosità sono delle credenziali perfette. L'uomo del destino è Lucianone Gaucci. Uno che si è fatto da solo, che è partito come autista all'ATAC a Roma per salire sempre più in alto fino alla fuga a Santo Domingo per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta. Indimenticabili le sue foto in bermuda con nello sfondo delle mulatte mozzafiato. Tutti noi lo abbiamo capito e invidiato. Soffriva, lo si capiva anche dietro il suo sorriso bonario e contagioso da "italiano in gita", per i figli restati in Italia, in carcere al posto suo.
Lucianone è un sentimentale, uno "perso d'amore" per la donna amata è capace di tutto, anche di intestarle (parole sue) un attico, terreni nel reatino, terreni e immobili a Caparanica e Prenestina, auto per tutta la famiglia, quadri e gioielli e persino metà di una vincita di 2 miliardi e 400 milioni al Superenalotto. Quale altro italiano lo farebbe? E' vero che c'è Il dubbio che lo abbia fatto per sottrarre i beni alla bancarotta e metterli "in mani sicure", ma questi sono dettagli. I fatti sono fatti, Lucianone si è spogliato di tutto per amore, come San Francesco d'Assisi, perché indagare sui motivi?
Gaucci ha solo 71 anni, è più giovane di Berlusconi, è un infante rispetto a Napolitano. Non ha preteso di cambiare le leggi dello Stato per evitare la galera, ha preferito l'esilio della latitanza, come l'indimenticato Bottino Craxi. Lucianone non ha patteggiato gli alimenti con avvocati e tribunali come è avvenuto con Veronica Lario. La sua ex compagna (sempre parole sue) "si è riempita la pancia" e lui non ha battuto ciglio. E' un buono, fino all'autolesionismo. Ha avuto intuizioni politiche da grande statista. Se lo psiconano ha fatto il baciamano a Gheddafi, lui, molti anni prima, ne ha ingaggiato il figlio e lo ha fatto giocare un quarto d'ora contro la Juventus (forse su richiesta di Moggi). Gaucci è un uomo libero, la sua pena è stata indultata. Non ha processi in corso ed è un grande patriota, stracciò il contratto con il calciatore sud coreano Ahn colpevole di aver spedito a casa l'Italia dai mondiali 2002. Un curriculum da italiano vero, che chiagne e fotte, chi meglio di lui per la presidenza del Consiglio? Lucianone for president!



SI PREPARA UN BEL “PANORAMA”, DOMANI, PER I TULLIANIS - PARLA UNA TESTIMONE: “HO VENDUTO IO IL TERRENO. E DAVANTI AL NOTAIO C’ERA ANCHE LUCIANO GAUCCI. PAGARONO IN CONTANTI” - - PARLA CHI VENDETTE LA SCHEDINA DA 2,2 MILIARDI: “A PAGARE NON FU ELISABETTA, MA BARBARA, LA SEGRETARIA DI GAUCCI”...continua

su libero 19/08/10
23 | Postato da fgem | 19/08/2010 alle 12.41 

Bossi contro Berlusconi...e Belpietro parla ancora....

Direttore, Direttore le voglio ricordare qualche florilegio di Bossi vs Berlusconi che forse lei, pur ancora giovane, ha dimenticato: 1995 – Berlusconi? non voglio parlare di quel delinquente. io voglio andare nelle piazze a scatenare il nord contro di lui. Berlusconi è un mafioso. Il parlamento del nord sarà costretto ad intervenire con mezzi drastici. 1995 – Berlusconi è stato messo lì dalla mafia. Ha creato un partito per strangolare la lega. 1997 - agosto (ANSA): Berlusconi "un povero pirla". Direttore se vuole continuo, mi dica Lei ......


Case e misteri. Per Gianfranco Fini ormai è una «maledizione». Questa foto è apparsa qualche giorno fa sul quotidiano «Libero» e ritrae uno dei terrazzini della casa di Gianfranco Fini ed Elisabetta Tulliani a Roma. Il vicedirettore Franco Bechis s’è accorto di un particolare per nulla irrilevante e l’ha ripubblicata sul suo blog, ripreso da «Dagospia». La freccia rossa indica una scultura di legno raffigurante un’aquila. Presa con il tele-obiettivo, sembra proprio poggiare su un fascio littorio. Scontata la conclusione di Bechis: «Come se i simboli rinnegati in pubblico dall’ex leader di An siano gelosamente custoditi in privato». Pochi dubbi invece «sul busto bronzeo appoggiato alla balconata: non è quello di Benito Mussolini (anche se l’uomo bronzeo di cui si vede la nuca sembra privo di capigliatura)...». Insomma, quanti scheletri sul... balcone di Fini. (fonte il giornale 27/08/10)





















































Ecco le telefonate tra la cricca e la corte di Fini ...continua

anche urso?






















































"Aspetto soldi da Bocchino da 14 anni"

di f. cramer

Enzo Palmesano, ex direttore del quotidiano partenopeo ilRoma, ha scritto una lettera a Fini, Schifani e i presidenti dei gruppi parlamentari. Perché?
«Per dire che il prossimo dicembre sono 14 anni che aspetto che Bocchino mi paghi lo stipendio».
Sta dicendo che l’editore non l’ha mai pagata?
«Certo. Sono stato licenziato dal Roma il 15 dicembre 1996 e da allora non mi è stato retribuito un solo giorno di stipendio e neppure il trattamento di fine rapporto».
Racconti.
«Ero in forza al Secolo d’Italia, capo del politico. Un giorno mi proposero di andare a dirigere il Roma, che l’ex ministro delle Poste Pinuccio Tatarella voleva rilanciare».
Come direttore responsabile?
«Sì. Direttore politico Tatarella; editore il suo factotum Italo Bocchino».
E lei accettò?
«Accettai con un accordo politico: tu vai al Roma ma continuerà a pagarti il Secolo».
E così è stato?
«Fino ad agosto sì. Smaltisco ferie, giorni di riposo arretrati e poi il primo settembre attacco al Roma».
Pagato?
«Fino al 30 settembre sì. Dal Secolo. Poi dal primo ottobre avrebbe dovuto pagarmi Bocchino. Solo che intanto mi arriva una lettera di licenziamento per abbandono del posto di lavoro dal Secolo firmata da Franco Servello».
E lei sente puzza di bruciato...
«No perché Tatarella e Bocchino mi rassicurano immediatamente: “Stai tranquillo - dicono - è come se la lettera non fosse mai stata inviata. Siamo nel partito, no? È solo un disguido”».
E lei si mette il cuore in pace?
«Sì. Solo che a fine mese non vengo pagato. Aspetto il mese successivo ma niente. Succede qualcosa il 15 dicembre, invece... Licenziato!».
E perché?
«Perché mi sono opposto al licenziamento di un giovane collega, Alfredo Romano, poi diventato direttore della Discussione».
Una ritorsione?
«Ma certo. Soltanto che a quel punto ho preteso che almeno mi venissero pagati gli stipendi e la liquidazione».
E fa causa?
«Mi sono rivolto al sindacato, all’Associazione della napoletana della stampa a cui ero iscritto e la pratica viene seguita da due avvocati: Porzio e Pulcinaro».
Risultato?
«Dopo anni il giudice mi dà ragione: dal 1 ottobre al 15 dicembre ’96 io ero in forza al Roma di Bocchino e quindi mi spettano, stipendi, liquidazione e mancato preavviso del licenziamento».
Ma di soldi niente?
«Macché. Non ho visto una lira. Così ho scritto ai presidenti di Camera e Senato lamentando la situazione».
Risposte?
«Zero. Da Fini, che mi conosce bene, me la sarei aspettata. Soprattutto adesso che si fa alfiere della legalità».
Chi l’ha epurata?
«Bocchino e Ugo Benedetti, quello dello scandalo Italsanità, di cui Bocchino era amico e che faceva l’amministratore del Roma».
Ma lei ha in mano una sentenza?
«Ma certo. E grazie a questo posso affermare che Bocchino è l’inventore del legittimo impedimento».
In che senso?
«Perché quando iniziò la causa, davanti al giudice, arrivò un documento con carta intestata della Camera dei deputati in cui si diceva che Bocchino non poteva intervenire perché impegnato».
E adesso cosa intende fare?
«Scrivere a Napolitano. L’ho visto giustamente molto sensibile ai licenziamenti degli operai di Melfi».
dell'utri fischiato a como
















































Regione Fvg, Ballaman e auto blu a uso privato: inchiesta della Corte dei conti

di Anna Buttazzoni
TRIESTE. La Procura della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia ha aperto un'inchiesta per verificare eventuali danni erariali in rapporto all'utilizzo dell'auto blu da parte del Presidente del Consiglio regionale, Edouard Ballaman della Lega Nord. Lo si è appreso dal Procuratore Generale della stessa Corte dei Conti, Maurizio Zappatori, che ha precisato che l'iniziativa è stata avviata sulla base di un servizio pubblicato sul Messaggero Veneto.
Da una «fonte attendibile» sono stati riferiti circa settanta di episodi nei quali, dal 2008 al marzo 2010, Ballaman avrebbe utilizzato l'auto di servizio e l'autista per finalità non istituzionali, come viaggi a Caorle, in provincia di Venezia, dove Ballaman possiede una casa per le vacanze, e in località dove si svolgevano iniziative o incontri politici della Lega Nord. Sono, inoltre, elencati tragitti per «impegni professionali», verso la casa della fidanzata e attuale moglie a Camponogara (Venezia) e viaggi diretti ad aeroporti del Nord Italia non collegati a impegni istituzionali.
A tale proposito il segretario generale del Sindacato Italiano Autisti di Rappresentanza (Siar), Luca Stilli, ha affermato: «Siamo da sempre vigili nel segnalare abusi» delle auto blu.
Commentando l'apertura dell’inchiesta della Corte dei Conti su Ballaman (Lega Nord), Stilli ha detto che «questo episodio va verificato nelle sedi opportune e, se vero, è gravissimo ma non significa che tutti coloro che usano l'auto blu lo facciano in modo poco istituzionale. Non facciamo di tutta l'erba un fascio».
«Chiunque oggi non si comporti in modo trasparente - conclude il segretario del Siar - non la passa liscia, tale è l'attenzione a riguardo, a garanzia dei cittadini». 
(01 settembre 2010)
ballaman si dimette