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nuovo pianeta








sla

E'
e; molta Italia nella scoperta del gene che, se bloccato, causerebbe la sclerosi laterale amiotrofica, la famigerata Sla. Grazie a uno studio italo-americano è stato infatti scoperto un gene, sul cromosoma 9, che, sebbene responsabile di un numero limitato di casi, suggerisce per la prima volta uno dei meccanismi alla base di questa malattia, che uccide i neuroni del movimento e condanna alla paralisi.
Secondo quanto riferito da uno degli autori, Adriano Chiò del Centro Sla del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Torino e Ospedale Molinette, il gene chiamato Vpc produce una proteina che è coinvolta nel sistema di smaltimento dei rifiuti cellulari. Nei malati di Sla, infatti, i neuroni muoiono avvelenati proprio dall'accumulo di sostanze tossiche. Lo studio, sul Dna di famiglie italiane e Usa con membri malati di Sla, è stato finanziato da Figc(Federazione Italiana Gioco Calcio), Fondazione Vialli e Mauro e Ministero della Salute e ha coinvolto anche il Laboratorio di Neurogenetica dell'Nih di Betheda, coordinato da Bryan Traynor, il Centro Sla dell'ospedale di Modena coordinato da Jessica Mandrioli e il laboratorio di genetica molecolare dell'azienda ospedaliera Oirm Sant'Anna diretto da GabriellaRestagno.
La Sla, nota anche come "malattia dei calciatori" per l'incidenza maggiore su calciatori ed ex calciatori (il più noto è Stefano Borgonovo), è una malattia neurodegenerativa incurabile caratterizzata dalla morte dei neuroni motori di cervello e midollo spinale.
“Il doping, gli sforzi, i traumi, i colpi di testa, gli erbicidi e i pesticidi possono essere delle concause che vanno studiate meglio, - ha spiegato il professor Paolo Zeppilli, presidente dell'organismo istituito dalla Figc nel 2008 per contribuire alla lotta contro una malattia degenerativa che ha colpito numerosi ex sportivi professionisti del pallone - ma essendo una malattia comunque rara ci deve essere un difetto genetico alla base. Non tutti i calciatori si ammalano e la percentuale di quelli che si ammalano, pur superiore alla media, resta comunque bassa”
Da questa analisi senza precedenti, pubblicata sulla rivista Neuron, è stata isolata, racconta Chiò, in 3 malati di una famiglia italiana una mutazione nel gene Vpc. Ciò, precisa Chiò, si collega strettamente al ruolo di Tdp-43 che, non a caso, si accumula in modo aberrante nei neuroni malati di Sla. "Quindi l'aver scoperto il coinvolgimento di Vpc - dichiara Chiò - ci svela uno dei meccanismi che porta al danno dei neuroni nella Sla". Parallelemente si cercheranno sostanze che agiscano sul gene Vpc per ripristinare lo smaltimento dei rifiuti cellulari.


09/12/2010

Il Trentino aiuta la Cina
con 300mila euro

07/12/2010 08:53
TRENTO - La Cina, assieme all'India il nuovo gigante dell'economia mondiale, ha bisogno dell'aiuto del Trentino per occuparsi dei giovani a rischio emarginazione. Lo si desume dal finanziamento di 300 mila euro stanziato dal dirigente del servizio emigrazione e solidarietà internazionale della Provincia, Marco Viola, per creare un centro di aggregazione giovanile per giovani, emigranti o a rischio di esclusione sociale ad Hangzhou, la città dove nel 1661 morì il gesuita trentino Martino Martini, storico e cartografo. Ad occuparsene sarà l'associazione Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), presieduta dall'avvocato primierotto Massimo Zortea, figlio del compianto Luigi, l'ex sindaco di Canal San Bovo morto in aereo al ritorno dal Brasile assieme a Giovanni Battista Lenzi e Rino Zandonai. Vis è un organismo non governativo promosso dal Cnos, il Centro nazionale opere salesiane che opera in 48 paesi in tutto il mondo per educare i giovani e avviarli all'impegno attivo. Hangzhou, capitale della Provincia dello Zhejiang a 180 chilometri da Shanghai, è una città in rapida crescita sulla quale convergono masse di studenti e ancor più di giovani lavoratori dalle campagne e dalle province limitrofi del Jiangxi e Anhui. La scuola attira decine di migliaia di giovani.

Sono numerosi però quelli che, pur continuando a vivere in città, non frequentano più la scuola. «Si tratta - si legge nella determinazione provinciale - di ragazzi emarginati o immigrati che rischiano di rimanere esclusi da realistiche prospettive di sviluppo, oltre ad incappare nei pericoli legati alla piccola delinquenza, droga, gioco d'azzardo e sfruttamento sessuale». «Il progetto - si prosegue - prevede l'allestimento e la gestione di uno spazio di aggregazione, ascolto-accoglienza, ristoro e l'installazione delle attrezzature. Si organizzeranno corsi, dibattiti e conferenze su problemi sociali, momenti di intrattenimento musicale di gruppi locali, interscambi e gemellaggi Cina-Italia, eventi speciali per la comunità italiana e cinese di Hangzhou. Si prevede la formazione del personale del Centro e il coinvolgimento di numerosi soggetti, creando sinergie atte a rendere il lavoro e l'offerta delle attività efficaci per il bene dei giovani e delle persone intorno a loro. Verrà attivato un angolo di ascolto per tutti i problemi giovanili e un servizio di orientamento ai giovani immigrati in età scolare e alle loro famiglie. Verrà dato spazio ad interventi di recupero di materie scolastiche a favore di giovani studenti immigrati». Il tutto per 300 mila euro.


Gli aiuti trentini alla Cina:
le grandi risate di Yuting Zhang


09/12/2010 09:16
TRENTO - «Quando Yuting ha letto sul giornale la notizia del finanziamento stanziato dalla Provincia di Trento per realizzare un centro per giovani ad Hangzhou, si è messa a ridere. E non la smetteva più». Yuting di cognome fa Zhang. È una ragazza cinese di 20 anni che vive ad Hangzhou e da settembre si è trasferita a Trento per frequentare il corso universitario di didattica della musica al Conservatorio Francesco Bonporti. È ospitata da Chiara Todesco, una simpatica signora di Trento che martedì, sfogliando l'Adige , ha subito notato la notizia dei 300 mila euro destinati dal servizio emigrazione e solidarietà internazionale a Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo) per realizzare «un centro di aggregazione per giovani, emigranti o a rischio di esclusione sociale» proprio nella città natale di Yuting. L'operazione, voluta dall'assessore provinciale alla solidarietà internazionale, Lia Beltrami Giovanazzi, sarà gestita da un trentino, l'avvocato Massimo Zortea, da tre anni presidente dell'associazione Vis. Fra le motivazioni anche il legame rappresentato dal gesuita trentino Martino Martini, morto proprio ad Hangzhou. «Le ho spiegato - racconta Chiara Todesco - di cosa parlava l'articolo e Yuting ha iniziato a sbellicarsi dalle risate. "Ma come - mi ha detto -? Date soldi alla città più ricca della Cina?"». La studentessa cinese ce lo conferma: «Hangzhou - spiega - è una delle città più antiche della Cina. Ha 2200 anni di storia. Ed è per questo che probabilmente è la città turistica per eccellenza dell'intera nazione. Tutti i cinesi vogliono visitarla».

Una conferma in tal senso arriva anche consultando Wikipedia, l'enciclopedia on line: «Hangzhou - vi si legge - si presta a divenire una tra le città più industrializzate e all'avanguardia del mondo. Centro di sviluppo informatico, biotecnologico, tessile, dell'abbigliamento e delle telecomunicazioni, vanta ben quindici università di cui otto politecnici». «Ad Hangzhou - continua Yuting - vivono 7 milioni di abitanti. Ma la città è in continua espansione. Il traffico è pazzesco». Per questo, nei primi giorni, portata al lago di Caldonazzo per una gita, Yuting non si capacitava del fatto che le strade fossero così strette: «Da noi sono tutte a otto-dieci corsie». Uno sviluppo vorticoso che viene fotografato anche nella determinazione della Provincia con cui si assegna il contributo: «È una città - si scrive - in rapida crescita sulla quale convergono masse di studenti e ancor più di giovani lavoratori dalle campagne e dalle province limitrofi. La scuola attira decine di migliaia di giovani. Sono numerosi però i giovani che, pur continuando a vivere in città, non frequentano più la scuola: si tratta di ragazzi emarginati o immigrati che rischiano di rimanere esclusi da realistiche prospettive di sviluppo, oltre ad incappare nei pericoli legati alla piccola delinquenza, droga, gioco d'azzardo e sfruttamento sessuale». «Certo - conferma Yuting - entrare all'Università è difficile. Bisogna impegnarsi molto per superare il test d'accesso. Una volta dentro, non è complicato concludere gli studi». Non ci sono invece ostacoli economici per frequentare gli atenei: «Le tasse sono più o meno eguali a quelle italiane. E tutti i giovani puntano a frequentare l'Università per ottenere poi un lavoro migliore».
(Articolo completo sull'Adige in edicola)








«Sto pensando seriamente al suicidio»

Paolo Villaggio: «So già la data della mia morte, me l'ha rivelata una maga russa».



Si suicida Don Sergio Recanati il prete molestatore smacherato dalle iene

CARAVAGGIO (Bergamo) 28 novembre 2010 Si è suicidato il sacerdote molestatore smascherato da Le Iene. L'uomo era stato ripreso in un servizio delle Iene mentre baciava e abbracciava un ragazzo che si fingeva omosessuale. L'uomo (Sergio.Recanati, un sacerdote di 51 anni), si è buttato sotto a un treno nelle campagne tra Masano di Caravaggio e Pagazzano, nella Bergamasca. In più servizi con telecamera nascosta le Iene lo avevano ripreso, nel suo ufficio al Santuario di Caravaggio, mentre molestava un paio di giovani, fingendo di fornire loro supporto spirituale. Il suicidio è avvenuto questa mattina, poco prima di mezzogiorno. Il religioso ha raggiunto la linea ferroviaria Milano-Brescia nelle campagne tra Masano e Pagazzano e si è lanciato sotto un convoglio in arrivo, morendo sul colpo. Lo scorso aprile S.R., 51 anni, in servizio al Santuario di Caravaggio, era diventato un caso di cronaca dopo che gli inviati della trasmissione di Italia 1 avevano scoperto la sua abitudine ad approfittare di coloro che si rivolgevano a lui per consigli spirituali, sottoponendoli a pesanti molestie. Una Iena con telecamera nascosta aveva filmato tutto. Solo due mesi dopo la messa in onda del servizio si era scoperto che il sacerdote filmato era in servizio al Santuario di Caravaggio. Il prete era stato quindi sospeso dalle sue funzioni e inviato in una comunità di cura. Una situazione che a quanto pare non è riuscito a sopportare.
VIDEO DELLE IENE SUL PRETE SERGIO RECANATI
video 1 video2 video3
la fonte


Etichette: Bergamo, Suicidio, video





Il suicidio di don Sergio Recanati e la nostra società di Iene

critto da www.tempi.it   
Mercoledì 01 Dicembre 2010 21:22
Un articolo dell'Eco di Bergamo su don Sergio Recantati, sacerdote morto suicida il 28 novembre scorso. A giugno era stato sospeso dall'incarico per una denuncia, non condanna, scattata per molestie sessuali. Era stato ripreso mentre molestava un giovane. Recanati si è buttato sotto un treno
Il nostro giornale, normalmente, non pubblica le notizie dei suicidi. Se lo fa è solo in casi rarissimi, eclatanti, limitandosi a poche righe in cronaca o a qualche breve commento. È una scelta, quella di non enfatizzare questi drammi, dettata da un sentimento di pietà verso chi, disperato, arriva al punto di togliersi la vita, e di compassione nei confronti dei suoi familiari. Ultimamente però ci capita spesso di non poterci attenere a queste elementari regole di umanità. Il clamore e gli effetti collaterali di alcune tragedie sono troppo forti per non parlarne, e la formula rassicurante «da tempo soffriva di depressione», non basta più a chiudere il cerchio.

Ieri abbiamo riferito del suicidio di un prete. Non è il primo, purtroppo. A volte lo si dimentica, ma i sacerdoti sono uomini come tutti gli altri, con le loro debolezze e il bisogno naturale di sentirsi «di qualcuno», ossia voluti bene. Tanto più in una società come la nostra nella quale il loro ruolo è meno riconosciuto che in passato e il rischio della solitudine è più concreto. Essere «uomini di Dio» non li esime dalle fatiche, dalle fragilità, dalle paure. Lo abbiamo visto anche nello splendido film sui monaci assassinati in Algeria.
I preti sono uomini come tutti gli altri, ma da quando gran parte della gente ha rinunciato al cristianesimo, è come se la nostra società chiedesse loro di essere dei superuomini, dotati di una fede incrollabile, di una dedizione totale alla comunità e di una vita morale senza sbavature. A pregare per loro sono rimasti solo i vecchi cristiani, che ancora li guardano e li trattano con la tenerezza di un padre e di una madre verso i figli. Ma tutti gli altri, noi per primi, pretendiamo dai sacerdoti un'impossibile perfezione (c'è pure qualcuno di loro che si illude di possederla, ed è la miseria più grande), quasi fossero cavalieri senza macchia.
È per questo che agli «uomini di Dio» la nostra società non perdona nulla. Fino al punto che quando uno di loro viene scoperto in «flagranza di peccato», viene subito spogliato, portato in piazza ed esposto al pubblico ludibrio. Sottoposto, cioè, alla gogna dei media: capro espiatorio delle bassezze di tanti. E poco importa se dal punto di vista giudiziario non si è neppure in presenza di un'ipotesi di reato.
È quanto è capitato a don Sergio Recanati, che domenica mattina, dopo mesi di angoscia, ha deciso di farla finita gettandosi sotto un treno a Vidalengo. Aveva 51 anni. Le sue inclinazioni omosessuali finirono al centro di un servizio televisivo delle Iene, che nell'occasione si dimostrarono tali di nome e di fatto. Iene e anche sciacalli, visto che per incastrarlo organizzarono una vergognosa trappola utilizzando il confessionale. Sullo sfondo l'accusa di essere un molestatore sessuale. Erano i giorni dello scandalo pedofilia e, pur se questo episodio, per quanto ambiguo, non era rubricabile come tale, il servizio di «Italia 1» fu comunque considerato uno scoop. E in molti ci si buttarono a capofitto.
Con parole di circostanza («Ovvio che ci dispiace»), Davide Parenti, ideatore della trasmissione, ha commentato ieri la tragedia. Neanche un dubbio, neanche un briciolo di ripensamento sulla brutalità di un giornalismo d'assalto che intenzionalmente fa a pezzi le persone e la loro dignità e che a differenza delle aule di giustizia non prevede neppure l'appello. Neanche un accenno all'assoluta sproporzione tra la colpa e la pena di un'esposizione mediatica che sa tanto di ghigliottina. D'altra parte questa è la struttura mentale, il format, delle Iene. Altro che giornalismo investigativo, altro che passione civile o desiderio di raccontare la verità: la narrazione, il ritmo, la messinscena di questi programmi sono tutti centrati sul bersaglio precostituito, la singola persona (e questo ovviamente non vale solo per i sacerdoti).
Dire adesso che «non è colpa nostra se quel prete si è tolto la vita, la sua storia qualcuno doveva raccontarla, l'abbiamo fatto noi mostrando il peccato e non il peccatore», è francamente lavarsene le mani. Sia perché il peccatore è stato subito individuato, sia perché nella storia personale di quell'uomo (che peraltro non aveva subito denunce da alcuno) c'era un dramma, un dolore intimo, di cui non si è tenuto minimamente conto. «Ci deve essere la misericordia anche per i preti... Posso aver sbagliato anch'io», aveva detto il sacerdote cacciando di casa le Iene. Per tutta risposta il video che lo ritraeva come «prete molestatore» è finito nel reparto macelleria di YouTube.
Il suicidio di don Recanati non è un fatto privato, è un grido di dolore e di protesta che sale fino al cielo. È una supplica a porre un freno alla macchina infernale della denigrazione. E insieme è un appello alla Chiesa a riprendersi cura ogni giorno e personalmente dei suoi figli. A richiamarli energicamente alle loro responsabilità, come non ha mancato di fare il Papa, ma anche a non lasciarli soli, a proteggerli per tempo perfino dalle loro debolezze. Quella in cui viviamo è una società spietata con chi sbaglia. È un mondo di iene, il nostro: la trasmissione televisiva ne è soltanto un abbagliante riflesso. Ma per chi è caduto – dopo che tutti hanno visto e riso delle sue miserie – è quasi impossibile rialzarsi. Non bastano la volontà, la psicanalisi e la dottrina quando il mondo ti è crollato addosso. Ci vorrebbero una forza e un amore straordinari. Ci vorrebbe Cristo in persona.
Ultimo aggiornamento Giovedì 02 Dicembre 2010 22:23 la fonte



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Morte di don Sergio Recanati
Sua ecc. mons. Dante Lafranconi, vescovo di Cremona, e la comunità del santuario di Caravaggio annunciano la morte di

don SERGIO RECANATI
di anni 51

e nella preghiera affidano la sua vita a Cristo Gesù, sommo ed eterno sacerdote, per l’intercessione di Santa Maria del Fonte, nel cui santuario don Sergio ha svolto la maggior parte del proprio ministero.

La salma è esposta nella sala “Giannetta” del Centro di Spiritualità del Santuario; il funerale sarà celebrato in basilica mercoledì 1° dicembre, alle ore 10; la salma sarà poi trasferita nella chiesa parrocchiale di Masano e tumulata nel locale cimitero.

Non fiori ma opere di bene.

Santuario di Caravaggio, 30 novembre 2010



Aprite gli archivi di stato, verità sulle stragi


negazionismleggi articolo claudio moffa





























muore a causa del navigatore

morgan fuori, belen dentro

mer ott 06 16:17 di Cicciotti su www.funweek.it

dopo 153 gg nominato il ministro dell sviluppo
leggiattentato a belpietro post su libero leggi
39 | Postato da Delta7 | 02/10/2010 alle 12.32 

Informo Lor Signori ...






















... che stamani, facendo la mia spesina, ho captato dal panettiere prima, in rosticcerisa e dal ferramenta poi, commenti 'salaci' sulla vicenda del Fantomas apparso l'altra notte nel centro di Milano a spaventare un povero giornalista (ancorchè Direttore di quotidiano) e ad indignare tutto l'apparato governativo dell'italiageglispaghettialdente al grido di 'terrorismo, terrorismo'. In breve per strada nessuno crede ad una soria che non sta in piedi ... tutto il popolino dice che è stato quello della scorta che si è inventato tutto il e -come dice il proverbio 'vox populi - vox Dei' (e i proverbi si sa sono la saggezza dei popoli). Quindi avviso Lor Signori che il popolo non è ancora cotto a puntino, ovvero non è ancora così rincoglionito da bersi di tutto, ne traggano Lor Signori le dovute considerazioni !

Gaucci indagato per riciclaggio

Ha aperto la porta ai Finanzieri solo dopo 4 ore, dopo la minaccia di abbattimento da parte dei Vigili del fuoco


auto in mare a genova


























La Blasi: "Vespa mi voleva in gonna" Il conduttore: "Ilary ha poco humor"...


Gioia Tauro, tonnellate di esplosivo "T4" ...


BUONUSCITA DA 40 MILIONI. LA MOGLIE: DUE ANDRANNO IN BENEFICENZA

Unicredit sfiducia Profumo
L'ad firma le dimissioni

Scontro nel Cda, poi il manager accoglie la richiesta. Deleghe a Rampl. La Lega: fermare i libici. Giù il titolo ...

La lega ed il marchio
Gelmini: via il marchio

La Lega non c’entra” ripete Oscar Lancini, il sindaco di Adro. “Quello non è un simbolo leghista, il sole delle Alpi è sempre stato un simbolo del paese”. Per questo, spiega, compare in ogni angolo della scuola pubblica che ha recentemente inaugurato. Dall’ingresso al tetto, dai banchi ai bagni. Su muri, porte, posacenere e cartelli. Campeggia persino sulle finestre, dove una fila di bambini stilizzati si tengono per mano uniti dal simbolo. Ma per Lancini quel simbolo non è affatto di parte né tanto meno il logo del Carroccio. E invece lo è. Dal 1999 Il sole delle Alpi è un marchio registrato dalla società editoriale Nord Scarl che controlla l’universo mediatico del Carroccio, dal quotidiano La Padania alla radio di via Bellerio, ed è presieduta dal quartier generale leghista: Federico Bricolo, Roberto Cota, Rosy Mauro, Stefano Stefani, Giancarlo Giorgetti eMarco Reguzzoni. Per citare l’attuale cda. Nata, ovviamente, sotto la guida del “capo” Umberto Bossi, che ne è stato sindaco dal primo giorno. Insomma quel simbolo è roba loro.Nel 1999 Editoriale Nord Scarl ottiene la registrazione all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi delladescrizione verbale del logo: “Sole delle alpi costituito da sei (raggi) disposti all’interno di un cerchio il cui raggio fornisce la cadenzatura dell’intera costituzione. I vertici dei sei petali intersecano i vertici di un ipotetico esagono iscritto nel cerchio”. Nel 2001 viene registrato, sempre dalla stessa società, il “marchio figurativo”, cioè il simbolo vero e proprio, tale e quale quello che oggi invade ogni angolo della scuola di Adro. La prima richiesta di registrazione risale al 1996, quando tra i sindaci figura anche il Senatùr e l’editoriale pubblicava Soldi sporchi al Nord”, un libro di denuncia contro imprenditori diventati miliardari grazie ai rapporti con il crimine organizzato. Nel testo, ampio spazio era dedicato a Marcello Dell’Utri mentre Silvio Berlusconi si conquistò addirittura l’intero ultimo capitolo, dall’eloquente titolo “Berlusconi è mafioso? Diciassette buone occasioni. Sulla copertina ancora non c’era il sole delle Alpi. Perché ancora dovevano impossessarsene. Infatti se l’Alberto da Giussano è stato copiato dal simbolo delle bicicletteLegnano, e poi spacciato come liberatore e guida del popolo Padano, il sole a sei punte è un antico emblema euroasiatico diffuso dal VI secolo avanti Cristo, e presente in India come nel Nord Europa, oltre che in alcune chiese tra Toscana e Puglia, a Ischia e a Roma. Ma è piaciuto così tanto in via Bellerio da spingere i leghisti a registrarlo come marchio. Difficile dunque sostenere che non sia un simbolo del carroccio, come fa il sindaco di Adro. L’Editoriale Nord se ne è appropriata, registrandolo. E’ un marchio, cioè un segno distintivo di chi lo registra, protetto dal diritto perché è un bene privato.

Con la registrazione del marchio hanno ribadito che quella è roba loro, mica di un paese perso nella provincia bresciana. Ora dalla scuola il marchio dovrebbe essere rimosso, considerato che il ministro dell’istruzione, 
Mariastella Gelmini, ha ribadito che i simboli politici devono essere tenuti fuori dagli istituti scolastici. O la Lega magari potrebbe denunciare la scuola. Improbabile, considerato che è dedicata a Gianfranco Miglio, da sempre ideologo del Carroccio. E Umberto Bossi si è dimenticato di essere proprietario del marchio, tanto che ieri con una dichiarazione pubblica ha dato ragione al sindaco di Adro: “E’ un simbolo del nord, di quella gente”, ha detto. Così, visto che né dal ministero né dal quartier generale padano nessuno muove un dito, nonostante le polemiche degli ultimi giorni, ilfattoquotidiano.it ha pensato che forse vale la pena agire. Sul sito del giornale abbiamo lanciato una raccolta firme che ha già raccolto 20mila adesioni e 12mila condivisioni sui socialnetwork. Vogliamo cancellare i simboli padani da una scuola pubblica. Ancora più rimuovere il marchio della Lega.Clicca qui per aderire alla petizione

Da 
Il Fatto Quotidiano del 17 settembre 2010

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CILE

Trivella raggiunge i minatori
sottoterra da 42 giorni...


marina for president?
prostituzione e politica





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1 settembre 2010

Nella capitale di Berlusconi il centrosinistra può partire in vantaggio. Lega in agguato

Milano, miracolo al contrario. Sfumano l’Expo e la Moratti

Voci di rinuncia. Sia per la manifestazione che per la riconferma
Ufficialmente è ancora lei, Letizia Moratti, manager lombardo e forzista, quintessenza del berlusconismo meneghino il candidato sindaco per le comunali del 2011. Ma se l’onda sismica del tracollo dell’Expo 2015 dovesse investirla, nessuno a destra scommetterebbe un centesimo sulla sua ricandidatura. Ieri per tutta le giornata si sono attese invano smentite alle indiscrezioni di un trasloco dell’evento da Milano, incapace di organizzarlo, alla città turca Smirne. Una catastrofe in termini d’immagine firmata dal presidente del consiglio Berlusconi e dal sindaco del Pdl con inevitabili contraccolpi politici. Il Cavaliere teme la caduta di Milano, sua roccaforte da quindici anni, e medita un disperato cambio di cavallo. Per la corsa a sindaco punterebbe su Maurizio Lupi, ma nel Pdl le correnti ex forziste e quella degli ex An già affilano i coltelli contro l’ipotesi di dare un’altra poltronissima, oltre quella del governatore Formigoni, ad un ciellino. La Lega si prepara al tracollo del Pdl lombardo. ( euroquotidiano.it)




morto in francia: autopsia anche in italia

Medici litigano in sala parto: donna e bimbo gravi a Messina leggi

centrale di vado
Manifestazioni, presidi, dibattiti, denunce e reiterate richieste, prima per il depotenziamento e la totale metanizzazione della centrale elettrica a carbone di Vado Ligure, oggi contro un ventilato ampliamento del carbone, non bastavano più. Così i comitati e gli ambientalisti savonesi hanno scelto di mandare un...continua 


tragedia in miniera cile



E dalle viscere della terra emerge una storia sospesa tra grande sport e vita quotidiana. Tra i 33 uomini vivi per miracolo nella miniera cilena di San José c'è anche l’ex giocatore di calcio Franklin Lobos, che anni fa ha giocato anche nella nazionale di Santiago. Il 53enne Lobos, che per molto tempo ha militato nella squadra del Cobresal, ha alle spalle una vita fortunata, ma anche molto dura, come tanti minatori, e non solo in Cile.
Finita la carriera, a causa dell'età, nel mondo del 'futbol' professionale cileno, Franklin per un po’ ha continuato a giocare a calcio, ma poi per vivere ha iniziato a guidare taxi e autobus. Negli ultimi tempi si occupava di portare su e giu’ i minatori di San José.
"Me lo ricordo soprattutto per i calci piazzati, riusciva a dare alla palla un effetto del tutto particolare", ha per esempio rilevato Zamorano, mentre un altro ex calciatore, Manuel Rodriguez Araneda - 'mundialista' nel '62 ed ex allenatore del Cobresal - rileva che "Franklin era una persona affidabile dentro e fuori dai campi di gioco". "E' finito in miniera soprattutto per aiutare i figli a studiare", ha aggiunto Araneda. leggi

continua a crescere




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